Приключения Пиноккио / Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino
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– Chi vi offende?
– Mi avete detto Polendina!..
– Non sono stato io.
– Sta’ un po’ a vedere che sar`o stato io! Io dico che siete stato voi.
– No!
– S`i!
– No!
– S`i!
E riscaldandosi sempre pi`u, vennero dalle parole ai fatti, e acciuffatisi fra di loro, si graffiarono e si morsero.
Finito il combattimento, mastr’Antonio si trov`o fra le mani la parrucca gialla di Geppetto, e Geppetto si accorse di avere in bocca la parrucca brizzolata del falegname.
– Rendimi la mia parrucca! – grid`o mastr’Antonio.
– E tu rendimi la mia, e rifacciamo la pace.
I due vecchietti strinsero la mano e giurarono di rimanere buoni amici per tutta la vita.
– Dunque, compar Geppetto, – disse il falegname in segno di pace fatta – qual `e il piacere che volete da me?
– Vorrei un po’ di legno per fabbricare il mio burattino; me lo date?
Mastr’Antonio, tutto contento, and`o subito a prendere sul banco quel pezzo di legno. Ma quando fu l`i per consegnarlo all’amico, il pezzo di legno dette uno scossone e and`o a battere con forza negli stinchi del povero Geppetto.
– Ah! gli `e con questo bel garbo, mastr’Antonio, che voi regalate la vostra roba? M’avete quasi azzoppito!..
– Vi giuro che non sono stato io!
– Allora sar`o stato io!..
– La colpa `e tutta di questo legno…
– Lo so che `e del legno: ma siete voi che me l’avete tirato nelle gambe!
– Io non ve l’ho tirato!
– Bugiardo!
– Geppetto non mi offendete; se no vi chiamo Polendina!..
– Asino!
– Polendina!
– Somaro!
– Polendina!
A sentirsi chiamar Polendina, Geppetto si avvent`o sul falegname.
A battaglia finita, mastr’Antonio si trov`o due graffi di pi`u sul naso, e quell’altro due bottoni di meno al giubbetto. Pareggiati in questo modo i loro conti, si strinsero la mano e giurarono di rimanere buoni amici per tutta la vita.
Intanto Geppetto prese con s'e il suo bravo pezzo di legno, e ringraziato mastr’Antonio, se ne torn`o zoppicando a casa.
3. Geppetto, tornato a casa, comincia subito a fabbricarsi il burattino e gli mette il nome di Pinocchio. Prime monellerie del burattino
La casa di Geppetto era una stanzina terrena. La mobilia non poteva essere pi`u semplice: una seggiola cattiva, un letto poco buono e un tavolino tutto rovinato. Nella parete di fondo si vedeva un caminetto col fuoco acceso; ma il fuoco era dipinto, e accanto al fuoco c’era dipinta una pentola che bolliva allegramente e mandava fuori una nuvola di fumo.
Appena entrato in casa, Geppetto prese subito gli arnesi e si pose a intagliare e a fabbricare il suo burattino.
– Che nome gli metter`o? – disse fra s'e e s'e [11] . – Lo voglio chiamar Pinocchio. Questo nome gli porter`a fortuna.
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disse fra s'e e s'e –
Quando ebbe trovato il nome al suo burattino, allora cominci`o a lavorare, e gli fece subito i capelli, poi la fronte, poi gli occhi.
Fatti gli occhi, figuratevi la sua meraviglia quando si accorse che gli occhi si movevano e che lo guardavano.
Geppetto disse con accento risentito:
– Occhiacci di legno, perch'e mi guardate?
Nessuno rispose.
Allora, dopo gli occhi, gli fece il naso; ma il naso, appena fatto, cominci`o a crescere: e cresci, cresci, cresci, divent`o in pochi minuti un nasone.
Il povero Geppetto si affaticava a ritagliarlo; ma pi`u lo ritagliava e lo scorciva, e pi`u quel naso impertinente diventava lungo.
Dopo il naso gli fece la bocca.
La bocca non era ancora finita di fare, che cominci`o subito a ridere e a canzonarlo.
– Smetti di ridere! – disse Geppetto impermalito; ma fu come dire al muro.
– Smetti di ridere, ti ripeto! – url`o con voce minacciosa.
Allora la bocca smesse di ridere, ma cacci`o fuori tutta la lingua.
Geppetto, per non guastare i fatti suoi, finse di non avvedersene, e continu`o a lavorare.
Dopo la bocca, gli fece il mento, poi il collo, poi le spalle, lo stomaco, le braccia e le mani.
Appena finite le mani, Geppetto sent`i portarsi via la parrucca dal capo. Si volt`o in su e che cosa vide? Vide la sua parrucca gialla in mano del burattino.
– Pinocchio!.. rendimi subito la mia parrucca!
E Pinocchio, invece di rendergli la parrucca, se la messe in capo per s'e.
A quel garbo insolente e derisorio, Geppetto si fece tristo e voltandosi verso Pinocchio, gli disse:
– Non sei ancora finito di fare, e gi`a cominci a mancar di rispetto a tuo padre! Male, ragazzo mio, male!
E si rasciug`o una lacrima.
Quando Geppetto ebbe finito di fargli i piedi, sent`i arrivarsi un calcio sulla punta del naso.
– Me lo merito! – disse allora fra s'e. – Dovevo pensarci prima! Oramai `e tardi!
Poi prese il burattino sotto le braccia e lo pos`o in terra, per farlo camminare.
Pinocchio aveva le gambe aggranchite e non sapeva muoversi, e Geppetto lo conduceva per la mano per insegnargli a mettere un passo dietro l’altro.
Quando le gambe gli si furono sgranchite, Pinocchio cominci`o a camminare da s'e e a correre per la stanza; finch'e, infilata la porta di casa, salt`o nella strada e si dette a scappare.
E il povero Geppetto a corrergli dietro senza poterlo raggiungere, perch'e quel birichino di Pinocchio andava a salti, e battendo i suoi piedi di legno sul lastrico della strada, faceva un fracasso, come venti paia di zoccoli da contadini.
– Piglialo! piglialo! – urlava Geppetto; ma la gente che era per la via, vedendo questo burattino di legno, si fermava incantata a guardarlo, e rideva, rideva e rideva.