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Итальянский с любовью. Осада Флоренции / L'assedio di Firenze

Гверрацци Франческо Доменико

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“All’arme! all’arme! – il nemico appoggia le scale alle mura… Pieruccio le ha salite per darvene l’avviso”.

Un orlo di fuoco manifest`o il contorno delle bastite di Firenze, le palle degli archibusi fioccarono spesse quanto la pioggia; gl’imperiali, disperati potersi pi`u oltre nascondere, fatto buon viso alla fortuna, continuarono a salire, animosamente gridando: Sacco! palle! citt`a presa!”

“Eretici senza fede! muggiva Lupo, udendo quel grido di sopra al suo campanile, citt`a presa! Almeno aspettate a dirlo quando porrete il piede su la piazza dei Signori; mentre si allestisce la festa, io vi mando la treggea”. E qui, toccati i sagri con la corda accesa, lanciarono un nuvolo di schegge mortalissime contro il fianco degli assalitori.

Filiberto, sconfortato da tante morti ordin`o si ritirassero le schiere, guardando prima di portar seco i cadaveri dei compagni, affinch'e i nemici, contemplata la mattina la strage, non avessero motivo di andare baldanzosi; e cos`i, come ordinava fu fatto, tornandosi tristi l`a donde poc’anzi con tanta audacia d’orgoglio si erano dipartiti e maledicendo di cuor loro il misterioso signore, il quale, pochi anni avanti, gli aveva spinti ad incontrare morti e ferite contro un papa, a favore di cui mandavali adesso ad esporre la vita. Grange, camminando verso la tenda, si volse dintorno a s`i, e scorgendosi prossimo il Bandino, gli disse in suono turbato:

“Or che cosa abbiamo guadagnato noi dal vostro consiglio, messer Bandino?”

“Parmi moltissimo”.

“E come?”

“Prima di tutto ci ha guadagnato il paradiso (ma questo, credo, meno di ogni altro), Perch'e se alcuna anima buona viveva tra noi, sciolta stanotte dai legami terreni, se ne and`o diritta diritta alle dimore celesti”.

“Tregua ai motteggi… noi camminiamo sul sangue”.

“Con buona licenza vostra, messere lo principe, lasciatemi proseguire; in secondo luogo, pi`u del paradiso per le allegate cagioni guadagnava l’inferno; – sopra tutti avete guadagnato voi, principe”.

“Io? tu mi deridi?”

“Dico da senno io; non sapete voi che il capitano Corrado Essio, venuto a morte, vi ha istituito erede d’ogni sua facolt`a?”

“Corrado `e morto? Ahi! mio buono, mio leale amico, io ne terr`o il cuore afflitto fino…”

“A domani”.

Il Bandino, rimasto solo, stese la mano in atto di minaccia dalla parte ove giace Firenze ed esclam`o:

“Quanto mi tarda la vendetta! Pur quando dovessi rimanermi solo ad oste contro di te, Firenze, o per forza o per tradimento vedrai il tuo giorno finale”.

Capitolo Decimoquarto

Il Morticino degli Antinori

Spunta il giorno: ma quantunque fosco, concede agli Orangiani la vista della bandiera imperiale inalberata su l’asta sotto la bandiera del comune di Firenze, e ci`o li concita a rabbiosissimo sdegno; la luce ancora manifesta al nemico il piccolo numero dei nostri, e ci`o gli partecipa ardimento. Filiberto spedisce ai colonnelli lontani messaggi con gli ordini accomodati alla occorenza; crollansi le compagnie e cambiano forma: era adesso suo disegno indirizzare alle punte estreme dell’ale della nostra milizia una mano di cavalleggeri e di fanti meglio spediti per circuirla, e cos`i divisa dalle mura tagliarle la ritirata e poi a bell’agio piombar addosso col grosso dell’esercito e sterminarla senza rimessione; se gli veniva fatto di superare l’ale, non uno dei giovani fiorentini sarebbe tornato a Firenze. Il signore Stefano, se avesse condotto numero pari di gente, o lo avesse avuto di poco inferiore, certamente avrebbe disteso le file all’avvenante che le allargava il nemico, dopo attelati gli eserciti, non si sarebbe rimasto dallo ingaggiare battaglia sopra tutta la fronte; ma essendo pochi, conobbe non avanzargli a perdere pi`u tempo e dover mettere ogni studio a ritirarsi; attese pertanto a rendere vano lo sforzo del nemico, prevenendo il suo moto; ordina ai capitani delle due punte girino velocissimi sul fianco destro i soldati che a lui posto nel centro stavano a mano sinistra, sul manco, quelli che gli stavano a destra; e descritta sul terreno una linea sferica, si uniscano in colonna ritirandosi per alla Porta di San Piero Gattolino; lui aveva molto bene considerato come cos`i procedendo i cavalli nemici potevano cogliere di fianco la colonna, romperla quasi serpe sul dorso e impedirle ogni via di salute; e a questo sper`o provvedere con la celerit`a dei passi, per cui, lasciato aperto certo spazio di terreno davanti i nostri, le artiglierie delle mura senza timore di offenderli potessero fulminare gl’imperiali e trattenerli da molestare la ritirata. Io non so quello sieno per dire i presenti uomini di guerra sopra tali ordinamenti di milizia; quello che so troppo bene si `e che anche con quei modi la umanit`a si lacerava e faceva delle sue osse biancheggiare la campagna; miserabile nostro destino, di cui non ispero, almeno per qualche migliaio di secoli, la fine.

Non andarono falliti i concetti del Colonna: le artiglierie fecero buonissima prova; gli Orangiani, essendo stati alquanto sospesi, perderono il destro a inseguirli; posto uno spazio tra loro e i nostri, costoro diventarono segno della tempesta di fuoco e di ferro che prorompeva fuori delle mura; quasi a morte certa correva chiunque si fosse avventurato su quel terreno. O per prudenza del capitano, o per beneficio della fortuna, vedevano gli Orangiani sfuggirsi di mano una preda ormai tenuta sicura. Ora avvenne come tra i primi cavalleggeri spediti dal principe a circuire l’ala sinistra del nemico si trovasse Giovanni da Sassatello, soldato italiano quanto valoroso in arme, altrettanto perduto di fama. Lionardo Frescobaldi, giovane d’inestimabile bellezza di corpo e di animo ferocissimo, caro sopra modo al Morticino degli Antinori pi`u per questa seconda che per la prima qualit`a, veduto per caso il Sassatello, lo chiam`o con gran voce:

“O ladro, f`atti oltre! – O ladro, non hai le gambe, come le mani pronte? F`atti oltre! Le palle di Firenze ti talentano meno dei suoi fiorini!”

Una palla vola tra la testa del cavallo e il capo del Sassatello, un’altra gli porta via il cimiero, un’altra interrandosi presso a lui lo cuopre di fango: ma i suoi giorni sono contati; lui procede sicuro come sotto le volte di Santa Maria del Fiore.

Lionardo afferra con ambe le mani la picca, che in quei tempi le fanterie usavano lunghissima, ed aspetta a pi`i fermo il momento di spingerla nel collo del cavallo; dove ci`o gli venga fatto, il destriere stramazzer`a in un viluppo col suo signore, e mentre questi grave di armatura tenter`a sollevarsi, lui, stretta la spada, lo spaccer`a da questo mondo. E se il destriero non era pi`u sagace del suo signore, senza fallo gli riusciva; ma l’animale saltando destramente da parte, schiva la punta la quale sfior`o in passando la gamba al Sassatello. Lionardo subito si volge impetuoso per timore di essere preso alle spalle; la troppa previdenza e la troppa prestezza gli nocquero; forte tenendo pur sempre nelle mani la lunga picca, imbatte nelle groppe del cavallo, che un’altra volta girandosi offerisce campo al Sassatello di ghermire il suo nemico pel collo, e cos`i fece, e trattolo a s`i, lo lev`o da terra. Lionardo si sentiva strangolare; tent`o rompersi il collarino e non pot`e aiutarsi; allora si risovvenne avere la daga, la trasse fuori, e sollevato il braccio incise profondamente il cavallo nella spalla; inferocito l’animale dallo spasimo, imperversa per la campagna traendo in sua bal`ia cotesti due inferociti. Lionardo agita le gambe per l’aria e stretto alla gola non profferisce parola alcuna di resa; al Sassatello sbattuto dalla corsa non 'e concesso assestare un colpo; fuga d’inferno era quella.

N'e per`o alcuno si moveva di schiera; solo il Morticino degli Antinori, per ordinario pallido, adesso poi cosperso di pi`u spaventevole pallore, accorre come forsennato, e giungendo le mani gridava da lontano:

“Capitano Giovanni, deh! per Dio, lasciatelo, lui `i un fanciullo: non gli far male, in nome del tuo Cristo; bada.... rammentati che tu pure hai un figlio di et`a uguale alla sua… Lasciatelo, Giovanni, io vi verr`o prigione invece di lui…”

“Vedi il gagliardo! io lo tengo come un’oca… Forse dalle oche impar`o a gridare; da cui il combattere? Per avventura, Antinori, da te?”

“S`i, via, ma rendilo.”

“Io non lo tengo, per soldato, e ne voglio per riscatto mille fiorini d’oro”.

E disparve galoppando. L’Antinori cammina a capo basso e non profferisce parola.

Tornato a casa, chiese bruscamente alla serva: “Dov’`e mia madre?”

“Badate, Giovanfrancesco, – pensate ai comandamenti della legge di Dio; io vi sono madre di latte… ma madonna v’`e di sangue, non le mancate di rispetto…”

Il Morticino non l’ascoltava e prorompendo nella stanza della madre trov`o seduta sopra un seggiolone la vecchia madonna assopita di un sonno leggiero. La vecchia donna, altera del nobil sangue che le scorreva nelle vene, piena della reverenza dovuta alla materna autorit`a, si lev`o subito con tale una forza di cui si sarebbe riputata incapace, allontan`o da s'e la sedia, mosse un passo in avanti e sollev`o il braccio destro in sembianza d’imprecare; una striscia di fuoco le attravers`o le guancie; gli occhi le si dilatarono minacciosi e terribili: era una figura da Michelangelo.

“Tu tronchi la mia agonia, non la mia vita; per pochi momenti vuoi tu renderti parricida? Va… io…”

“Per Dio, arrestatevi, madre… Io! Qual demonio vi caccia questo pensiero nella mente? Conoscete voi Lionardo Frescobaldi… quel nobile giovanotto che sovente usa qui in casa? S`i, voi lo conoscete… or lui cadde test`e prigioniero, e gli hanno posto il riscatto addosso di mille fiorini d’oro: ora nel pensiero di torli in prestanza da altri la mia anima geme per immensa amarezza. Oh! casa Antinora decaduta, quanto t’era lieve un giorno trovare nei tuoi forzieri mille fiorini d’oro!… ”

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