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Итальянский с любовью. Осада Флоренции / L'assedio di Firenze

Гверрацци Франческо Доменико

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E di vero Maria ne rimase spaventata: col capo inclinato verso la spalla, pallida, quasi vinta dal fascino, si pose a salire la scala. Il Martelli poneva il piede dove ella moveva il suo. Pervenuti a mezzo della domestica cappella, si fermarono, l’uno di faccia all’altra, n'e si guardavano n'e movevano labbro....

Finalmente Ludovico, continuando nella sua immobilit`a, con voce che gli usciva dai precordii incominci`o a favellare: “Svelami traditore che hai riparato qua dentro....”

“Traditore?” – esclama Maria dimostrando col gesto altissimo sdegno, – “dov’`i il traditore?”

“Non te l’ho detto? Qui”.

“Io non conosco traditori....”

“Donna, che, piena dentro di putredine, tu ti mostrassi di fuori parete scialbata, bene sta: ella `e questa la vostra parte, femmine! ma che in breve spazio tu abbi perduto il rimorso e il pudore, ci`o, per Dio, mi spaventa. Qual `e il verme velenoso che cos`i subito guast`o il bell’albero della tua vita? Or dove ti nascondi codardo dal fiato velenoso? Esci fuori…” Nessuno risponde. Dopo lungo silenzio Ludovico continua:

“O patria mia! uomini che non ardiscono mostrare la fronte t’insidiano nell’ombra; quando la notte `i pi`u buia essi aguzzano il pugnale e ti aspettano al varco, come il ladrone sulla pubblica via!”

E di nuovo si tacque, poi con gran voce riprese:

“Esci, codardo, esci”.

Cos`i favellando si aggirava per la stanza, quando all’improvviso levando la faccia vide un cavaliere di truce sembianza appoggiato su l’elsa della spada in atto di quiete minacciosa: lui allora, gli si avventando addosso, interrog`o:

“Tu sei un traditore!…”

“Io sono Giovanni Bandini, e sgombrami il passo”.

“Tu di qui non uscirai, se non che morto”.

“Figlio di madre infelice tu sei, se pi`u oltre ti ostini a impedirmi il cammino; ritirati, tu ne hai tempo ancora; io non voglio vederti; sappi che di rado ho replicati i miei colpi; vattene… e vivi”.

“Anzi io rimango, e muori; domani il carnefice ti scriver`a l’epitafio su la cima della forca. Bandino, domani mander`o la sfida e chieder`o il campo a messere lo principe… badate di non ricusarla....”

“Tale e cos`i insopportabile obbligo ho teco per avere salvata la mia vita, che in nessun altra maniera potrei sdebitamene, se non che togliendoti la tua. Il mio odio divent`o, pel tuo benefizio, immortale. Apparecchiati a morire.... Addio”.

Capitolo Ventesimosecondo

Il duello

Pagolo Spinelli, soldato vecchio di moltissima esperienza, padrino di Ludovico, con certo suo piglio soldatesco, presentatosi davanti al principe di Orange, il quale, tostoch`i vide entrare nella sua tenda cotesta nobile comitiva, si era alzato insieme co’ suoi baroni per complirla, profer`i pacato le seguenti parole:

“Signor principe, sono qui il mio principale, messere Ludovico Martelli e il principale del capitano Giovanni di Vinci mio collega, messere Dante da Castiglione, i quali si apprestano al vostro cospetto con loro cavalli ed armi, in abito da gentiluomini, per entrare in campo chiuso e combattere messere Giovanni Bandino e messer Roberto Aldobrandi, che qui vedo presenti, loro avversari, col nome di Dio, di Nostra Donna e di San Giorgio il prode cavaliere, secondo il tempo e il luogo da voi medesimo assegnati con vostra patente del d`i primo marzo 1529. Loro stanno allestiti a fare il debito loro e vi ricercano che vogliate dar loro parte del campo e sicuranza, dove confidano vincere con lo aiuto di Dio e col favore dei santi. E poich`i hanno i miei principali concesso agli avversarii la scelta dell’arme, si protestano di questa capitolazione, la quale, dopo che sar`a da me letta, depositer`o nelle mani vostre per rimanervi come giudice ad ogni buon fine di ragione”.

Don Ferrante Gonzaga allora si trasse innanzi col conte Pier Maria Rossi di San Secondo, ambedue patrini del Bandini e dell’Aldobrandi, e favellando il primo tal dava risposta alle dichiarazioni del capitano Pagolo Spinelli:

“Signor principe, qui stanno i nostri principali messer Giovanni Bandini e messere Ruberto Aldobrandi, pronti a scendere in campo chiuso e sostenere con lo aiuto di Dio, di Nostra Donna e di san Giorgio, a tutta oltranza, finch`i morte ne segua, la querela avuta dagli attori falsa e mendace; protestano accettare tutte e singole le cose contenute nella capitolazione avversaria; protestano voler combattere in camicia, con istocco, manopola scempia di ferro, cio`i fino al polso, senza difesa in testa. Pi`u presto fia, e meglio loro aggrada”.

…Gi`a il sole declinando oltre il meriggio segnava l’ombra delle cose da ponente a levante quando Pagolo Spinello, recatosi in compagnia di Giovanni da Vinci alla tenda del principe, disse: “`E l’ora”.

Ritiratosi l’araldo, e fattosi un solenne silenzio, si udiva lo squillo delle trombe; cessato che fu, comparvero fuori dai padiglioni i padrini seguiti dai loro principali, che a passi lenti e con sembianza severa s’incamminarono alla volta del principe; – seguivano dalla parte dei provocati, due araldi portanti un fascio di armi, imperciocch'e spettasse loro il carico di provvedere stocchi e manopole. Venuti alla presenza del principe, i padrini posero un libro degli Evangeli sopra certo altare, e fattosi ognuno alcun poco da parte, lasciarono ai lati dell’altare Ludovico Martelli e Giovanni Bandini: sporse il primo bramoso la mano sinistra e, stringendo la destra al secondo e tenendogliela ferma sopra il libro, proruppe con terribile impeto:

“Uomo ch’io tengo per la mano, giuro per Dio e per gli suoi santi la mia querela contro a te buona e giusta, e tu combattere proditoriamente contro la patria.”

Il Bandino subito svincolando la mano e afferrando a sua posta con la manca la destra del Martelli, con voce cupa rispose:

“Uomo ch’io tengo per la mano, giuro per Dio e per gli suoi santi essere la tua querela contro di me temeraria, e possa il tuo sangue ricadere sopra la tua testa.”

Suonarono le trombe e fu fatto silenzio. I combattenti e i padrini si divisero in due partite. Dante, Bertino, Giovanni da Vinci e il conte Piermaria si pongono da un lato del campo, – Ludovico, Giovanni, don Ferrante e Iacopino dall’altro.

Allora tesero due corde che in due lizze uguali partirono il campo. I padrini con molta avvedutezza avvolsero e legarono i cordoni pendenti dall’elsa degli stocchi intorno al polso dei combattenti; quindi toltili pel braccio, li guidarono a mezzo il campo, dove distribuito con vantaggio eguale il vento e il sole, si ritirarono dicendo:

“Dio vi aiuti!”

Quando prima scesero in campo, Ludovico e il Bandino si gittarono gi`u dalle spalle un mantello che gli riparava dal freddo, n'e presero cura di metterli tanto in disparte che non potessero in seguito apportare loro impedimento.

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